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Mama mia! (the latest Italian review)



From: http://utenti.lycos.it/newage_soundtracks/varie/tedkillian.htm

Flux Aeterna

Valutazione: ****

Rarità: *

Siamo in un’epoca in cui imperversano sul mercato programmi per computer 
e 
schede audio di sempre più stupefacente sofisticazione; i sintetizzatori, 
i 
campionatori, le batterie elettroniche si vendono più delle chitarre 
elettriche. Non v’è dubbio alcuno che ai musicisti e ai discofili 
relativamente consapevoli, in una dimensione squisitamente computerizzata, 
lo 
strumento senza il quale il rock non sarebbe mai esistito e che ha 
marchiato 
a fuoco l’ultimo mezzo secolo di musica, dal folk alla classica, appaia 
in 
profonda crisi. Ma così non è, poiché è proprio con la chitarra che 
sono 
state prodotte alcune fra le opere più stimolanti dei Nineties e del 
nuovo 
secolo.

Una di queste è senza dubbio FLUX AETERNA di Ted Killian. È il primo 
album 
solista e il capolavoro di questo sublime chitarrista, un’opera di rock 
sperimentale fino all’esaurimento nervoso, in cui il "nostro" rivela il 
suo 
debito verso Robert Fripp, Brian Eno, Jimi Hendrix, David Torn, Steve 
Tibbetts, Uli Jon Roth, Sun Ra, tanto per citarne alcuni, amalgamando 
queste 
influenze in uno stile fatto di note dissonanti, distorte, allungate, 
infinite, sospese.

Nasce nella California del Sud (terra in cui il rumore chitarristico 
cresce 
rigoglioso) 48 anni fa, è musicista da oltre 38, e da sempre grande 
sperimentatore/esploratore della chitarra elettrica. Nei tardi Eighties, 
comincia a suonare la sua originalissima musica nella manifestazione "The 
Ventura New Music Concert Series (California del Sud), coadiuvato 
dall’amico/collega, trombettista "avant-jazz", Jeff Kaiser (che ha anche 
dato 
il suo prezioso contributo alla realizzazione del cd), iniziando così una 
lunga serie di concerti attorno al suo paese natìo. 

In questo cd suona oltre alla chitarra elettrica, una chitarra acustica, 
loops, sampler, strumenti elettronici, dimostrandosi ad un tempo sia 
tutt’altro che estraneo alla tradizione del rock, sia in transito verso 
altri 
universi, con escursioni chitarristiche che dipanano filigrane come nuvole 
che annunciano un temporale. L’opener Hubble è la versione apocalittica 
di 
Star Spangled Banner, suonata da Jimi Hendrix al Woodstock Music Festival 
nell’estate del 1969. Leaving Medford è musica sperimentale allo stato 
puro, 
la chitarra è metallica (sembra che abbia il filo spinato al posto delle 
corde), dietro alla quale schizzano vetriolici noises industriali. Questo 
pezzo è l’espressione delle metropoli americane in decomposizione, 
afflitte 
dalla peste contemporanea che profuma di paranoia: l’alienazione. 
Cauterant 
Baptism, propulso da ripetitivi ritmi dub/hip-hop, è imperniato su 
arroventati quanto pirotecnici solismi di chitarra dalla dissonanza 
inaudita, 
ancora solo in nuce agli esordi del brano e pienamente in sboccio dopo 
circa 
1:20 secondi. Last Sparrow contiene bestiali "fripperie", con forti 
incursioni di clangori industrial. Lugubri lamenti e percussioni 
junglesche 
(un po’ in sottovoce) caratterizzano Gravity Suspended. La midi guitar 
di Ted 
comanda dall’alto Recurvate Plaint e il chitarrismo acustico "operaio", 
sempre del "nostro", ne sta a debita distanza, ben consapevole che la 
chitarra elettrica può menare stilettate improvvise come un attacco 
epilettico. Convocation Solitaire è simile al precedente, ma svela 
strutture 
più ambientali a la David Torn. Anche in Nocternal Interstices, come in 
Last 
Sparrow, gli ammiccamenti a Sua Maestà Cremisi sono più che evidenti, e 
la 
chitarra "frippoide" di Killian vaga fra l’aspro/dissonante e il 
crepuscolare/melodico, applicando con estremo rigore le tavole della legge 
del dott. Fripp. Reverse Logic ha chiare reminiscenze "eno/byrneiane" 
(ascoltare My Life In The Bush Of Ghosts per credere), mentre la title 
track, 
che conclude l’album, è un coacervo di distorsioni fra le più 
viscerali e 
crude che si siano mai ascoltate nell’experimental music. 

Un cd cerebrale ed effettistico, imbevuto di nevrosi metropolitane, 
conteso 
fra astrattismi di dissonanze libere e violente sonorità elettriche, 
eseguito 
con grande classe. Ted Killian meriterebbe, a mio modesto parere, un posto 
all’Olimpo della musica d’avanguardia, insieme a Bob Fripp, Adrian 
Belew, 
David Torn, grazie ai suoi spericolati innesti di stilemi rock, loops 
frippoidi e noises industrial.  

Demetrio Cutrupi